L’otto marzo c.a. è una data che sicuramente non scorderemo per aver dato inizio ad un periodo che ha caratterizzato la nostra esistenza, sia per la natura di regole improvvisamente emanate per la tutela della salute di ogni cittadino moderno, trovatosi per la prima volta a cimentarsi con il distanziamento sociale e con l’essere relegato nelle proprie abitazioni per contenere il diffondersi del coronavirus, sia per lo sviluppo e/o il rafforzamento di quei sistemi tecnologici di interrelazione (social, piattaforme informatiche per meeting e webinar, ecc.) e/o di lavoro da casa (smart working) che, di sicuro, riducendo le distanze, hanno facilitato quelle predette interrelazioni soprattutto di natura professionale e lavorativa.
L’otto marzo c.a. è una data che l’amministratore di condominio, al di là del suo essere umano per quanto sopra indicato, non dimenticherà facilmente per aver constatato, ancora una volta, che la sua attività professionale è stata nuovamente ignorata dagli organi governativi.
Un professionista improvvisamente catapultato a dover rimodulare il proprio studio, a non poter gestire fisicamente il condominio amministrato ed i partecipanti allo stesso, a dover relazionare la propria attività e la propria responsabilità professionale con adempimenti tecnici, amministrativi e fiscali, da dover compiere, con la consapevolezza di non poterli adeguatamente espletare, cercando nelle associazioni di categoria di appartenenza quelle risposte funzionali alle proprie esigenze tecnico-operative da portare avanti.
E le associazioni di categoria?
A parere di chi scrive, pur confortando i propri associati in questo periodo, le associazioni hanno perso l’ennesima, nuova e grande occasione per compattarsi, per condividere le tematiche di interesse comune per la categoria, per fare massa critica e costruttiva verso le istituzioni, per tutelare in modo unanime la figura professionale dell’amministratore, dando a quest’ultimo significative linee guida di riferimento.
Dall’otto marzo ad oggi si è scritto tanto ed il contrario di tanto. Si è vista una gara spasmodica a rincorrere lo scoop mediatico, attraverso i social e le testate giornalistiche di riferimento, per dare in tempo reale una possibile interpretazione “certa” sulle regole emesse e, da quest’ultima, un indirizzo sul cosa dover fare e su come poter agire ai propri amministratori associati.
In quest’ultimo periodo sono state inviate molteplici richieste agli organi governativi ed amministrativi, presentate quasi sempre in forma singola, anzichè collettiva e compatta, riducendo, in tal modo, la possibile attenzione degli interpellati, che sarebbe stata di gran lunga superiore se la totalità delle associazioni, o la stragrande maggioranza delle stesse, fossero state unite sugli intenti da proporre.
Certo, alcune delle associazioni si sono confrontate, condividendo temi, tentando di inoltrare congiuntamente proposte per la tutela dei propri amministratori associati, ma restano casi isolati, anche se di eccellenza, per un spirito di rappresentanza comune.
Forse, a tal uopo, varrebbe la pena di ricordare a noi tutti ciò che il Brocardi ci insegna nel diritto, “che la rappresentanza è quell’istituto che consiste nella sostituzione di un soggetto (rappresentante = “confederazione”) ad un altro (rappresentato =”associazioni”) nel compimento di uno o più negozi giuridici” che, nel caso de quo, avrebbe di sicuro dato maggior forza agli stessi.
Ed è ciò che oggi manca.
Un soggetto in grado di riunire e rappresentare le associazioni di categoria, quindi il maggior numero di amministratori professionisti che esercitano nel nostro Paese, per garantir loro una valida rappresentanza verso gli organi governativi e amministrativi di riferimento con i quali intrattenere un costante e diretto confronto, propositivo e costruttivo, finalizzato a tutelare ed innalzare la figura professionale dell’amministratore.
Le stesse associazioni che, mantenendo in ogni caso la propria autonomia verso i propri associati, troverebbero nel soggetto preposto alla loro rappresentanza quella condivisione di idee e proposte, rafforzata nella coesione preventiva delle stesse, che svilupperebbe in modo più elevato e significativo quella finalità principe, sottoscritta in ogni statuto associativo, che mira ad aggiornare, formare e tutelare i propri associati amministratori.
Le stesse associazioni che, in larga misura, quasi la totalità delle censite in Italia, si sono ritrovate ad esporre le proprie idee e le proprie posizioni sul tema della video assemblea, attraverso l’evento organizzato il 28 aprile u.s. in video conferenza dal Sole 24ore Condominio, diretto dal Dott. Saverio Fossati e dal suo staff, che, come sempre, ha colto immediatamente una delle attuali criticità, dovute alla situazione pandemica in atto, nella gestione ed amministrazione del condominio.
In tale evento, sono state molteplici le analisi e gli spunti, anche se ovviamente ripetitivi per il tema trattato dai numerosissimi rappresentanti delle associazioni presenti, dove, a parere di chi scrive, ancora una volta si è persa quella eccellente occasione di poter confermare una visione unanime e compatta sul tema posto discussione dal Dott. Fossati per addivenire, con quest’ultimo, promotore in tal senso, alla redazione di linee guida da fornire a tutti gli amministratori rappresentati.
I tempi sono maturi per dar corso e sviluppo ad una cooperazione e/o confederazione delle associazioni di categoria per l’innalzamento della figura professionale dell’amministratore di condominio?
Hanry Ford disse: “Ritrovarsi insieme è un inizio, restare insieme è un progresso, ma riuscire a lavorare insieme è un successo”.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Dr. Francesco Vittorio Sciubba – Presidente FIGIAC